La focara e le tradizioni che accompagnano questo culto così noto.
La festa di Sant’Antonio Abate rappresenta con la sua monumentale focara, l’evento clou dell’inverno salentino.
L’iniziativa, che ha radici antichissime. Nasce dalla devozione al Santo. Si è sviluppata nel corso degli ultimi anni diventando un vero e proprio evento. Momento atteso e partecipato da pellegrini e turisti. Sicuramente questo è uno degli eventi più interessanti di tutta la Puglia, e di buona parte del sud Italia.
Comune di Novoli, Parrocchia Sant’Antonio Abate, Comitato Festa e Pro Loco Novoli. Numerosi e importanti partner pugliesi e nazionali concorrono alla buona riuscita dell’evento.
Caratteristica peculiare è la maestosa “Fòcara”, elemento della cultura “immateriale”, assunto ormai come simbolo di Novoli.
Monumento unico nella sua magnificenza e grandezza. Si tratta di un enorme falò di tralci di vite secchi lavorati. Questi sono sapientemente uniti con tecniche antichissime. Queste si tramandano di padre in figlio. Il risultato è una pira di 20 metri di diametro e oltre 25 metri di altezza, che non ha pari al mondo.
Questa grande “costruzione agricola” viene accesa la sera del 16 gennaio con uno spettacolo di fuochi d’artificio. Questo rappresenta il punto di riferimento per gli eventi e le manifestazioni, che durano fino a notte inoltrata.
L’accensione della “focara” è il momento culminante della festa e la piazza che la ospita, piazza Tito Schipa, conta la presenza di oltre 60.000 persone. Il flusso di persone è continuo nei giorni precendenti e successivi. Esso tocca qualche centinaio di migliaia di presenze, divise nelle diverse manifestazioni ed eventi collaterali.
I giorni clou della festa sono il 15, il 16 (vigilia della festa e accensione della focara), il 17 ( giorno del Santo patrono) e il 18 gennaio (cosìddetta festa dei paesani). Oltre alla forza degli aspetti religiosi e devozionali, tante le attività tradizionali e culturali, programmate già a partire da dicembre 2009, e per tutto gennaio 2010. Le tappe di avvicinamento alla festa sono numerose, e si dividono in numerosi percorsi. Religioso, culturale, artistico, convegnistico, gastro-culinario, tradizionale.
La festa nasce il 28 gennaio del 1664, quando Mons. Luigi Pappacoda (vescovo dell’epoca), concesse l’assenso canonico alla supplica dell’Università e del clero e dichiarò S. Antonio Abate protettore di Novoli.
Ogni anno si costituisce un comitato festa patronale che ha il compito di raccogliere le offerte in denaro per assicurare alla festa il miglior successo. In passato si usava chiedere ai novolesi, in prevalenza durante le domeniche, un obolo da utilizzare per l’organizzazione della festa del Santo.
Al “comitato” spettava anche il non facile compito della raccolta del necessario per la costruzione della focara. Questa spesso iniziava il 17 dicembre, esattamente un mese prima della attesissima festa. Si vedeva perciò, tra i vicoli del paese, il carretto, un giovane che conduceva un carretto che giornalmente.
Egli raccoglieva legna secca, rami d’alberi, tralci di vite legati in fasci. Ma anche oggetti combustibili in disuso, rovinati o rotti (tuttu è buenu pè la focara) che piccoli contadini, grossi proprietari terrieri o semplici cittadini offrivano in devozione al Santo. Un importante documento parla di uno dei primi comitati, quello della festa del 1868. Questi non si formò spontaneamente, ma venne eletto dall’Amministrazione Comunale.
Altre manifestazioni importanti, di carattere religioso, della festa novolese sono la benedizione degli animali e la processione. La cultura popolare attribuisce a Sant’Antonio Abate la facoltà di proteggere tutti gli animali da stalla e da cortile. Il Santo, infatti, secondo la leggenda, fu un porcaro. Nell’iconografia egli è rappresentato con accanto un porcellino. Con in mano un bastone con un campanello, utile per richiamare gli animali.
Anche questo rito è cambiato negli anni. Nei giorni di festa, negli anni ’40, nel paese girava lu ‘ntunieddru (diminutivo dialettale di Antonio). Si tratta di un maialino con un fiocco rosso al collo che qualche devoto acquistava generalmente alla Fiera di Campi. Questo girovagava indisturbato nel paese e tra le campagne, mangiando e facendo ciò che voleva. Lo stesso maialino, veniva sorteggiato poi durante la festa.
Un’altra manifestazione importante era la distribuzione da parte del parroco dei “panini di S. Antonio”. Tale avveniva sul sagrato della chiesa. I panini, consegnati ai contadini e agli allevatori, venivano mangiati dagli animali malati, i quali, nella maggior parte dei casi, guarivano. La benedizione degli animali avviene, ogni anno, nel primo pomeriggio della Vigilia, prima della processione. Nel piazzale antistante la Chiesa sono molti i novolesi.
Questi portano i loro animali domestici (cani, gatti, uccelli, cavalli) per ricevere la protezione del Santo Patrono. La fine della benedizione degli animali è accompagnata da rintocchi di campane e fragorose salve di fuochi d’artificio. Questi segni danno inizio alla processione del simulacro del santo, che si snoda tra le vie del paese. La statua è portata a spalla da devoti, i quali offrono somme abbastanza alte per avere questo onore, e dietro di essa si formano due ali interminabili di folla, che accompagnano il simulacro.
Anche il rito della processione è stato modificato. In passato, infatti, migliaia di uomini e di donne percorrevano, forse per una grazia ricevuta, l’intero percorso della processione scalzi. Essi tenevano in mano dei grossi ceri, formando la lunghissima intorciata (‘nturciata). I “candelotti” avevano un peso di non meno di dieci libbre, e alcuni particolarmente grandi, i sugghi, pesavano oltre cinquanta libbre. La processione continuava la mattina del 17 gennaio con la sola partecipazione dei forestieri che avevano fatto voto, i quali accompagnavano la statua del santo fino alla Chiesa Matrice, dove si teneva il panegirico. Durante questa processione veniva sparata la strascina, una lunghissima batteria che terminava con uno sparo più potente e fragoroso, il quale doveva coincidere con l’arrivo della statua in piazza Mercato, antistante la Chiesa Matrice.
Non si effettua più la fragorosa strascina, ma durante la processione vengono sparati dei colpi isolati con cadenza regolare. L’attuale processione si conclude con il ritorno del Santo in P.zza S. Antonio Abate, salutato da artistiche bengalate e lancio di palloni di palloni aerostatici. Successivamente il Santo rientra nella sua Chiesa e viene riposto sul trono addobbato con vari drappeggi e cornici floreali. La fine della processione porta al momento culminante della festa, l’accensione della focara, il simbolo più conosciuto della festa del fuoco.
Il 18 gennaio è la cosiddetta festa te li paesani, giorno in cui i novolesi, liberi dalla massa di visitatori e pellegrini, si godono gli ultimi momenti della festa. Così, tra le ultime visite alla focara, oramai quasi terminata, e un panino cu li turcinieddri, tra una bengalata in p.zza S. Antonio e i palloni aerostatici, la “festa del fuoco” si conclude con soddisfazione.
La prima focara, secondo alcune fonti, è attestata nel 1905, quando “una nevicata abbondante imbiancò il falò alla vigilia della festa”. Altre testimonianze nelle quali si fa riferimento al falò sono il 1912 (riportate dal D’Elia), il 1926 (riportate dal Bertacchi), il 1928 (riportate dallo Sbavaglia) ed il 1938 (riportate dal De Leo).
La costruzione della focara inizia all’alba del 7 gennaio, ma l’organizzazione, la raccolta ed il trasporto dei fasci di vite iniziano già ai primi del mese di dicembre precedente, per essere conclusa a mezzogiorno della Vigilia, momento, questo, salutato da una roboante salva e da rintocchi di campane.
Il falò è formato da fascine di tralci di vite (sarmente) recuperati dalla rimonta dei vigneti, le quali vengono accatastate con maestria grazie a tecniche tramandate gelosamente di generazione in generazione. In media per costruire un falò da venti metri circa di diametro per altrettanti di altezza occorrono dalle 80.000 alle 90.000 fascine (ogni fascio è composto da circa duecento tralci di vite, i quali sono legati tradizionalmente con del filo di ferro).
La raccolta delle leune, termine con cui si indicano i fasci donati per la costruzione del falò, inizia, come abbiamo accennato, il 17 dicembre con il trasporto di queste sul piazzale dove deve essere costruita la focara. Fino al 1961 questo rito si consumava davanti al Santuario, poi è stato spostato in p.zza G. Brunetti, per essere nuovamente trasferito nel 1998, per motivi di sicurezza e forse definitivamente, in p.zza T. Schipa. Anticamente l’enorme catasta di legna secca aveva quasi sempre la forma conica ed era costruita con particolari tecniche che solo i maestri pignunai potevano conoscere, le quali venivano usate anche quando si conservava il raccolto nei covoni.
Altra antica usanza era quella di issare sulla cima della focara un ramo di arancio con diversi frutti pendenti (la marangia te papa Peppu), il quale era colto dal giardino di un prete novolese. Con il passare degli anni sono cambiate molte abitudini, tanti costruttori e soprattutto sono cambiate le forme della focara, la quale non si presenta più sotto forma di cono, ma assume sempre forme diverse e molto impegnative. Negli ultimi anni, infatti, sono state costruite focare piramidali, a torta (diversi strati circolari sovrapposti), con la galleria (un tunnel nel centro del falò, in cui il giorno della processione passa anche la statua di S. Antonio Abate), con oblò e pinnacoli.
Per la costruzione di una focara occorrono 100 persone circa abbastanza abili per restare ore in piedi sui pioli delle lunghe scale e passarsi l’uno sull’altro al di sopra della testa i fasci, che poi giunti in cima vengono sistemati perfettamente dal costruttore. Proprio sulla cima, la mattina della Vigilia, viene issata un’artistica bandiera con un’immagine del santo, che successivamente brucia insieme al falò.
L’onore dell’accensione della focara spetta al presidente del comitato o al Sindaco. Anche se negli ultimi tempi molti sono gli ospiti “illustri” che presenziano la magica sera del 16 gennaio. L’accensione avviene attraverso una batteria – fiaccolata. Una volta accesa, la focara arde per tutta la notte. Ci sono migliaia di persone che, tra musica popolare e fumi di arrosti delle bancarelle presenti in piazza, assistono allo splendido spettacolo delle fasciddre. Le caratteristiche faville che librano nell’aria creando una “pioggia di fuoco”.
Il 17 gennaio, inoltre, tra i novolesi ricorre l’usanza di non ‘ncammarare. Il pranzo è a base di pesce e bisogna astenersi obbligatoriamente dal mangiare carne e latticini. I piatti tipici del giorno sono gnocculi (gnocchi di pasta fatta in casa) in zuppa di baccalà o di pesce, scapece (pesce condito con zafferano, pangrattato e aceto), frutti di mare, pittule, purciddhruzzi e cartiddhrate, dolci delle festività natalizie, tutto accompagnato dal moscato di Novoli.
Il 17 gennaio è anche “il giorno dei numeri unici novolesi”. I giornali umoristici locali, Le Fasciddre te la focara e Sant’Antonio e l’Artieri, i quali sono giunti rispettivamente alla 41a e alla 27a edizione e sono anche fonti di importanti informazioni. Parlano sul culto, sulle tradizioni, sul folklore e sulla devozione verso il “santo del fuoco”.
Il primo numero unico “La Focara” nacque nel 1947 a cura dell’avv. Enzo Ramondini e fu stampato fino al 1957, con la collaborazione di Beppe Valentini e Romeo Franchini. Nel 1949 nacque un altro giornale “Sant’Antoni neusciu” che scomparve anch’esso nel 1957, dopo le polemiche nate tra le redazioni. Nel 1955 nasce “Sant’Antonissimo Nuesciu”. Si trattava di un numero straordinario pubblicato per il centenario della festa.
Il 1960 fu l’anno de “Lu peurcu te Sant’Antoni nuesciu” redatto da Enzo Rossi. Modificato l’anno dopo in “Lu puercu”, per poi scomparire definitivamente. Il 17 gennaio 1962 nacque “La Strascina”, mentre nel 1970 fu stampato solo per un anno “Sant’Antoni, nui…e la focara arde”.
Altri giornali con la stessa sorte furono “Sant’Antoni te lu fuecu” stampato nel 1986, “Lu Teatru Comunale” e “Sant’Antoni e… lu Teatru Comunale”. Questi furono pubblicati nel 1995 e nel 1996 dall’Associazione Culturale “Il Pozzo”. “Le Fasciddre te la Focara” e “Sant’Antoni e l’Artieri”,quindi, sono gli unici giornali ancora in vita. Il primo nacque nel 1963 con direttore – responsabile Vito Pellegrino.
Dal 1978, invece, questo giornale fu redatto dal Gruppo Teatrale “La Focara”. Questo nel 1992 pubblicò “le Fasciddre te la Focara – 30 anni di Satira”, una cronistoria di fatti, storielle e personaggi novolesi dal 1963 al 1992. “Sant’Antoni e l’Artieri”, invece, nacque nel 1977 quando il “comitato festa” fu composto da artigiani. Da allora il giornale è stato sempre pubblicato senza interruzioni. Altre pubblicazioni si sono aggiunte a quelle storiche, tra cui La cernia e Lu Furgularu giornali di satira e pettegolezzi locali.
E’ la manifestazione che celebra l’inizio della costruzione della “Focara”. Si tratta di un bene culturale riconosciuto dalla Regione Puglia nel Protocollo d’Intesa. La manifestazione testimonia annualmente la condivisione di obiettivi pubblico – privati per la promozione del territorio dell’area del Nord Salento. La cosìddetta area del “Parco del Negroamaro”. Momenti della manifestazione sono la presenza di tutti i sindaci dei comuni che formano il comprensorio Nord Salento. Ma anche la presenza degli alunni dell’Istituti Comprensivi del territorio e l’originale elezione del “viticoltore dell’anno”.