RINASCIMENTO: IL ‘400
Storia
Il Rinascimento nasce in Italia attraverso un rinnovamento ideale umano ed artistico. Deposta la spada,
il cavaliere medievale dalle nobili gesta, paladino del bene sul male (S.Giorgio che uccide il drago e,
libera la “bella” imprigionata nella torre), diventa uomo raffinato e colto che conquista ora il potere
attraverso il mercanteggiare e il denaro. Come Federico duca d’Urbino o la famiglia Medici a Firenze,
Estense a Ferrara, Gonzaga a Mantova.
I nuovi “signori” delle città, si circondano di letterati ed artisti,
in quel rifiorire dell’arte classica “greco-romana” che dava l’idea ed il nome al nuovo stile. Attraverso
“l’Umanesimo” l’uomo creato da Dio veniva così posto al centro dell’universo (come ci viene proposto
da Leonardo in quel famoso disegno che ritrae una figura maschile dentro il cerchio), e con esso tutto
quello che ci proviene dal creato diventava un dono di Dio, ed era tutto “bello”.
Con Leon Battista
Alberti (architetto filosofo dell’Umanesimo), e le opere di nuova concezione architettonica del
Brunelleschi (primo grande architetto del Rinascimento) oltre a Donatello per la cultura e Masaccio per
la pittura, si compiva quel quadro che eleggeva Firenze capitale indiscussa del rinascimento. Tutto poi si definiva con Leonardo, Raffaello e Michelangelo.
Con la nuova moda fioriva il galateo e lo sfarzo, e con loro la voglia di abbellire sia la città sia la propria dimora, attraverso statue, prospettive di piazze e giardini, ghirlande, nastri, trutta e fiori messi a festoni durante le feste. I costumi femminili come quelli maschili ricercavano una nuova e ben più raffinata eleganza, con nuovi abiti e gioielli, e nuove acconciature.
Nascevano un’infinità di botteghe, divise in corporazioni, per la costruzione di svariati oggetti, volti ad impreziosire la “città-palazzo”. L’arte del legno, che prima era stata quasi tutta asservita al servizio della chiesa, elaborava canoni stilistici propri attraverso la corporazione dei “lignaioli”. Nasceva in questo modo il gusto del “bello”, per un mobile classico da durare nel tempo.
Il castello diventava palazzo e la cattedrale gotica diventava basilica romana e quindi duomo. E’ proprio con il duomo di S. Maria del Fiore in Firenze, e soprattutto con la cupola del Brunelleschi, che si attribuisce nell’architettura l’avvio del rinascimento.
Con il perdere d’ogni velleità difensiva le facciate dei palazzi si ornavano di elementi decorativi, come il bugnato di Palazzo Ruccellai dell’Alberti in Firenze, o quello a forma diamantata nel Palazzo Diamanti di Biagio Rossetti a Ferrara. Si cercava di elaborare le forme del tempio greco con timpani, colonne e capitelli come nella basilica palladiana di Vicenza, aggiungendo volti a tutto tondo di gusto romano, che andavano a sostituire gli archi a sesto acuto del gotico.
Palazzi di forma quadrangolare diventavano piccole società, con cortili interni al cui centro il pozzo da ottagonale assumeva la forma del vaso. Al piano terra si trovavano le botteghe, con entrate che davano sul cortile. Un ampio salone portava al primo piano o “piano di rappresentanza” con rispettivo salone d’onore, per poi accedere attraverso una scala più piccola al secondo piano, d’uso privato per il signore del palazzo.
Nella soffitta sotto il tetto si trovavano le stanze della servitù e talvolta le cucine, come a Palazzo Davanzati in Firenze, che da casa torre si trasforma in dimora signorile. Palazzo Strozzi (1450) è il palazzo che più d’ogni altro riassume questa perfezione rinascimentale: una “domus” squadrata ed eguale in tutti i suoi lati, a tre ordini con due portoni d’ingresso nei lati opposti e un basamento in pietra a forma di panca che gira attorno al perimetro.
Il tetto con il suo ampio cornicione modanato da dentelli e baccelli fa da cappello all’intera struttura, togliendo quell’esasperato verticalismo dato dalle merlature di tempi addietro. All’interno, si mettevano gradini, pilastrini, colonnine e capitelli in pietra grigia, mentre il resto era intonacato di bianco, in modo da distinguere le parti portanti e d’abbellimento da quello che doveva sembrare il vuoto.
Nelle chiese, come nei saloni dei palazzi, il marmo andava a sostituire il cotto nelle pavimentazioni, mentre nei soffitti le travature si abbellivano con motivi detti a “cassettoni”, impreziositi da cornici dorate, come nel famoso soffitto del salone del Cinquecento a Palazzo Vecchio in Firenze.
Si elaboravano e riprendevano tutti gli stilemi dell’arte classica, dalla forma del quadrato del primo rinascimento quattrocentesco, alla perfezione del cerchio del “rinascimento compiuto” del cinquecento.
Colonne e pilastri scanalati, capitelli e basamenti, volti a tutto tondo e nicchie in cui porre stame di marmo bianco o le famose “ceramiche invetriate” dei Della Robbia, cornici, dentelli, ovuli e baccelli, e quant’altro fosse possibile mettere nella sobria eleganza di un’architettura classicheggiante. A questo si aggiungevano zampe di leone riprese dai sarcofagi romani, soprattutto nella mobilia, e poi festoni e cornucopie con cascate di frutta, foglie e fiori, a simbolo d’abbondanza.
Nell’arredamento ecclesiastico lentamente perdevano importanza i cori lignei, a tal punto che più tardi, con il concilio di Trento, venivano definitivamente tolti dal centro della chiesa in cui erano stati posti, per essere collocati dietro l’altare, con banconi e badaloni porta leggio che si trasformavano in credenze, tlando vita a nuovi ambienti come le ben più ricche sacrestie. Nasceva così la credenza a sacrestia, con predella a motivo a cassettoni, subito imitata dall’artigianato domestico, tanto da essere ben presto introdotta a palazzo nel salone d’onore.
Al centro del salone faceva la sua apparizione una lunga tavola su cui scolpire lo stemma del palazzo o della famiglia nobiliare d’appartenenza cassoni gotici si trasformavano in sarcofagi romani con cornicioni baccellati, zampe di leone e cuspide sul piano, dipinti o lavorati in pastiglia dorata. I letti toglievano il baldacchino per mettere quattro colonne tortili con pigne romane. Ma è nell’evoluzione di una miriade di panche e sedie che il nuovo arredamento dava il massimo, cercando quella comodità propria del palazzo che prima nella vita del castello non era. Con cassapanche d’ingresso, sedie dantesche, savonarole ed i primi seggioloni, con cuoi lavorati nelle sedute.
Per quanto riguarda i mobili, con il rinascimento il legno preferito diventava il noce, di effetto marmoreo s’impiegava ovunque, persino nelle parti non a vista. Per i mobili più poveri oltre al noce si lavorava il legno di castagno o di pioppo. L’intaglio, la tempera, la tarsia alla certosina e la pastiglia dorata diventavano di fondamentale importanza. Con l’avvento delle botteghe, le tecniche costruttive si facevano sempre più raffinate, con incastri a fitte code di rondini, tagli di legni di tre centimetri e più, lavorazione della tornitura, ecc..